Il fenomeno dell’emigrazione non è nuovo. Quando si
scoprì l’America furono migliaia gli europei che si imbarcarono sugli antichi
velieri con allo scopo di raggiungere il nuovo continente nella speranza di
trovare una vita nuova e maggiori opportunità per realizzare i propri sogni.
Oggi le cose non sono cambiate di molto, il fenomeno continua anche se i flussi
e le condizioni sono cambiati. Alla base vi è sempre l’insoddisfazione della
persona per le condizioni e le opportunità offerti dal paese in cui vive e la
speranza di trovare un mondo migliore nel paese dove intende emigrare.
caratteristiche delle persone che emigrano affermano che queste devono
affrontare tutta una serie di requisiti imposti dalla situazione, che molto
spesso mettono a dura prova le loro risorse psicologiche, provocando un livello
di stress molto superiore a quello che vivevano in precedenza. A questo
proposito, Joseba Achótegui, psichiatra e professore dell’Università di Barcellona,
ha coniato un nuovo termine per definire gli immigrati illegali (o comunque
tutti quelli che si ritrovano in condizioni limite) che soffrono di lunghi
periodi di stress: Sindrome di Ulisse
o in termini scientifici, Sindrome dell’Immigrante con Stress Cronico.
leggendario Ulisse. Omero lo descriveva nell’Odissea con le seguenti parole: “…e Ulisse passava i giorni seduto sugli
scogli, consumandosi a forza di pianti, sospiri e pene, fissando con i suoi
occhi il mare sterile, piangendo incessantemente…” In seguito, in un altro
passaggio, con l’obiettivo di proteggersi dal terribile ciclope Polifemo
risponde così: “chiedi ciclope come mi
chiamo…te lo dico. Il mio nome è nessuno e tutti mi chiamano nessuno…”
giorni ad oggi dato che attualmente molti emigranti, soprattutto quelli
clandestini o illegali, che desiderano sopravvivere, devono essere invisibili,
abbandonare la loro identità e la speranza di integrazione sociale. Ovviamente,
in questa condizione non è possibile parlare di equilibrio e salute mentale.
punti di tensione
solitudine, causata
dalla separazione dalla famiglia e dagli amici. La nostalgia per tutto ciò che
si ha lasciato è difficile da superare, soprattutto quando ci si ritrova in un
paese con usi e costumi diversi. Se a questo si aggiunge l’impossibilità di
rivedere le persone amate a causa del fatto che le condizioni economiche non lo
permettono, il quadro diviene ancor più drammatico. In questo modo, molto
spesso la persona sente di essere sprofondata in una specie di vuoto affettivo
molto difficile da sopportare.
fallimento, quando
finalmente l’emigrante si rende conto che nel paese in cui è giunto non
esistono tante opportunità come si credeva, e così cominciano ad affiorare la
sensazione di fallimento e la disperazione. Molte persone emigrano con l’obiettivo
di migliorare economicamente e ottenere un lavoro migliore, ma se dopo un
periodo di tempo prudenziale questo obiettivo non si concretizza, si corre il
rischio di cadere in una forte depressione pensando che lo sforzo realizzato
non è valso la pena.
quotidiana, quando la
persona si trasferisce ad un altro paese deve ricominciare la vita da zero. Questo
significa trovare un alloggio decente, stabilire nuove abitudini alimentari e
soddisfare altre diverse necessità quotidiane. Inoltre, per ottenere tutto
questo ha bisogno di una determinata quantità di denaro che normalmente gli
emigranti non hanno (in parte perché accettano lavori mal pagati e in parte perché
cercano di inviare la maggior parte di denaro possibile alle loro famiglie).
Infine, si ritrovano lottando per sopravvivere giorno dopo giorno in una lotta
che consuma, tanto sul piano psicologico che su quello fisico.
illegali entrano nel paese attraverso reti di traffico clandestino che
propongono viaggi insicuri durante i quali è anche possibile perdere la vita.
Ovviamente, questo genera paura, ma il problema maggiore risiede nello stress
quotidiano che deriva dal timore di essere scoperti e deportati.
della Sindrome di Ulisse
sintomi che non si riscontrano in tutti gli emigranti, come ad esempio:
fallimento e impotenza
incontrollabile: che si
manifesta in situazioni limite
colpa: sensazione
di avere causato male ad altri (familiari rimasti nel paese di origine) e colpa
per tutto ciò che accade, colpevolizzandosi della situazione attuale. Appaiono
i rimorsi ed i pensieri del tipo: “non dovrei averlo fatto”.
nervosismo: sintomi
frequenti che esprimono l’enorme sforzo che si fa per combattere le avversità.
Preoccupazioni eccessive e ricorrenti: queste persone devono normalmente prendere decisioni
importanti in poco tempo, e nello stesso tempo si preoccupano per chi hanno
lasciato a casa e per il proprio futuro. Ovviamente, questa situazione è
difficile da sopportare quando dura per lungo tempo.
principali responsabili dell’insonnia dato che durante la notte (quando non
esistono stimoli esterni che distraggano il pensiero) affiorano i ricordi, e la
solitudine diventa ancor più pesante.
altri sintomi fisici come mal di testa e affaticamento.
trova solo nelle forze del povero immigrato ma necessita anche di una volontà
politica che possa attenuare alcune delle difficoltà che causano il malessere.
inmigrante con estrés crónico y múltiple (Síndrome de Ulises). Norte de Salud Mental; 21: 39–52.
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